Poetica

 

Roberto Ciaccio

 

La singolarità e la specificità del lavoro di Roberto Ciaccio lo collocano nel solco delle più interessanti e innovative ricerche nel panorama artistico contemporaneo: in particolare il rapporto del suo lavoro con la filosofia contemporanea dal pensiero heideggeriano a quello fenomenologico di Merleau-Ponty, fino alle più recenti riflessioni di Gilles Deleuze e Jacques Derrida, ha prodotto rilevanti conseguenze sul piano teorico e su quello della prassi artistica. Convegni e tavole rotonde fra arte e filosofia sono state  dedicate al suo lavoro con la partecipazione di eminenti studiosi italiani e stranieri (da Jacques Derrida a Remo Bodei ad Arturo Schwarz e altri) non ultimo il convegno dedicatogli dai Musei Statali di Berlino in occasione della mostra Revenants.                                                                                                       Tutto il corso dell’opera dell’artista è caratterizzato da una poetica della “revenance”. Nelle profondità e trasparenze delle opere –carte e lastre- affiorano e scompaiono i revenants delle figure (matrici) in una condizione di rispecchiamento e di memoria. La dimensione della revenance - come indicato dall’artista - trova nell’opera il punto di incontro con la risonanza condividendo con essa l’allusione ad un suono interiore.

 

Il lavoro che si pone ai limiti tra scultura e architettura in una prassi che considera l’installazione dell’opera come momento costitutivo del pensiero stesso dell’artista nella sua processualità operativa, coinvolge lo spazio espositivo in una forte integrazione visiva e strutturale. In particolare le grandi lastre di metalli diversi –  ferro, rame, ottone, zinco – con la loro fisicità e la  loro pregnanza luminosa e in taluni casi riflettente in senso speculare, trovano suggestive corrispondenze con gli spazi che le ospitano. Le grandi lamiere aprono spazi illusori tridimensionali al proprio interno attraverso le molteplici stratificazioni dei piani e dei valori cromatici e luminosi dei metalli. Le ragioni che suggeriscono un confronto tra l’opera di Roberto Ciaccio e l’architettura si evidenziano nelle possibili corrispondenze e assonanze delle opere  con la particolarità degli spazi espositivi e in riferimento alla natura stessa dei materiali costitutivi delle opere. L’artista privilegia grandi sequenze seriali     di lastre metalliche scandite da un ritmo, da un intervallo che ne definisce la continuità e la reciprocità, oppure la costruzione di grandi pareti risultanti dalla simultaneità della giustapposizione delle grandi lastre intensamente luminose o profondamente oscure   e tali da entrare in forte risonanza con lo spazio circostante.

 

I caratteri timbrici, cromatici e il ritmo delle variabili luminose delle sequenze seriali delle opere inducono un pensiero visivo intensamente musicale in cui la tensione intervallare e il riverbero del suono assumono particolare rilevanza. Il suo lavoro ha ispirato originali partiture per pianoforte.

 

Il lavoro di Ciaccio che si è sviluppato in modo ampio coinvolgendo la prassi della stampa originale, in un lungo sodalizio con lo stampatore Giorgio Upiglio di Milano, ha messo in causa i fondamenti della stampa originale in una ridefinizione delle modalità tradizionali degli strumenti e delle processualità inerenti a tale disciplina. Risultano paradossalmente ridefiniti il concetto di matrice, di serialità e di riproducibilità tecnica. Le grandi lastre matrici, origine di monoprints e monotipi, divengono nel corso del processo operativo opere a se stanti dotate di una assoluta autonomia ed espressività. Il Kupferstichkabinett di Berlino, attraverso la mostra Revenants, e l’Istituto Nazionale per la Grafica di Roma hanno sottolineato il ruolo dell’artista in un percorso innovativo di prassi e di pensiero concernente questa area di ricerca.