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“Grazie
a questa loro spazialità le immagini di Ciaccio si aprono ad una dimensione
interna, un dominio non solo della geometria descrittiva ma piuttosto delle
emozioni profonde. Queste rappresentazioni risvegliano nell’osservatore uno
spazio contemplativo che colma un ‘vuoto’ con cui l’immagine lo confronta. Si
tratta dunque di uno ‘spazio’ immaginario che risuona di emozioni. Così
l’immagine acquisisce non solo il suo vero spessore ma modifica anche chi guarda
e che cosa la circonda.”
Kurt W. Forster
"Inseriti
nello spazio architettonico della mostra, i lavori di Roberto Ciaccio, nella
loro studiata disposizione, creano inter-valli, cadenze, serialità con
variazioni, differenze e ripetizioni. Organizzano lo spazio visto e quello
vissuto, sostengono architravi percettive e costruzioni emotive. Costituiscono
un unico grande quadro, come una composizione musicale fatta di scansioni
melodiche e armoniche”
Remo
Bodei
“
Nell’opera di Ciaccio il concetto di Soglia, così come l’attraversare una soglia,
significa – come nella letteratura esoterica e in quella psicanalitica – passare
dall’esterno (la condizione del profano) all’interno (quella dell’iniziato), per
arrivare al Sacro che è sempre l’Incompiuto, il Mistero Assoluto. Le opere
aspirano ad avviare un processo di carattere iniziatico”.
Arturo
Schwarz
Spazio Luoghi Intervallum
Passando in rassegna alcuni titoli delle opere di Roberto Ciaccio – Specchio
Soglia, Luoghi, Infinitononfinito, Recto/Verso, Assenza – è inevitabile cogliere
la ricerca di una stretta relazione con lo spazio. Allo stesso modo nel visitare
una mostra dell’artista è altrettanto inevitabile percepire nell’allestimento il
carattere di opera unitaria, in particolare in relazione all’architettura che lo
accoglie, o meglio, con la quale interagisce.
L’architettura non rappresenta infatti per Roberto Ciaccio un semplice
contenitore, ma un ulteriore strumento con il quale lavorare. Luci e ombre,
materiali e riflessi, altezza e profondità, aperture e soglie sono elementi con
i quali interagire e che suggeriscono l’allestimento in un dialogo con le opere.
Si può dire che Roberto Ciaccio costruisca poeticamente le sue installazioni in
assonanza con la definizione che Peter Zumthor dà di architettura: la creazione
di un tutt’uno dotato di senso a partire da innumerevoli componenti singole,
distinte nella funzione e nella forma, nei materiali e nelle dimensioni. In
questo modo le piccole lastre di rame, i grandi monoprints e monotipi, i fogli
di Hanemühle e papier japon acquistano nella loro disposizione nello spazio una
dimensione corale.
Il rapporto dell’opera d’arte con lo spazio viene definito da una serie di
precisi fatti dimensionali e sensoriali che Roberto Ciaccio crea lavorando su
elementi dell’architettura, come i materiali, i supporti, la luce, i colori. Di
conseguenza acquista particolare importanza non solo la scelta delle singole
opere, ma la loro sequenza, la distanza, l’Inter/vallum secondo il quale sono di
volta in volta disposte.
“Il disporre prepara per le cose la possibilità di appartenere a qualche luogo e
a partire da questo di porsi in relazione fra loro”. [M. Heidegger, L’Arte e lo
Spazio]
L’architettura conosce due possibilità fondamentali di creazione spaziale: il
corpo chiuso che isola uno spazio al suo interno, e il corpo aperto che
racchiude una porzione spaziale connessa alla continuità infinita. Le creazioni
spaziali di Roberto Ciaccio trovano assonanza con questa seconda possibilità:
l’estensione dello spazio viene visualizzata e plasmata attraverso la
collocazione o l’allineamento non occlusivo di corpi, lastre e fogli, che aprono
nuove profondità inesplorate.
Lastre vergini di rame - matrici di un’opera possibile - poste sul pavimento
riflettono il soffitto liquefacendo lo spazio e irradiando bagliori sulle pareti
in una visione quasi irreale.
Analogamente, lastre di ferro sospese nello spazio libero e disposte
parallelamente tra loro guidano l’osservatore orientando in modo ineludibile la
percezione dell’ambiente circostante.
Le opere di Roberto Ciaccio sprigionano dalla profondità del colore una sorta di
campo di energia, di extensio, di spatium che riceve, avvolge e trattiene.
L’interazione tra opera e osservatore si risolve dinamicamente nel costituirsi
di un inter/vallum nella doppia accezione del termine - spaziale e temporale:
davanti a una lastra o a un foglio l’osservatore è portato a esplorare lo spazio,
a “misurare” percettivamente questo campo e a cercare la distanza impostagli
dall’opera, una distanza soggettiva, interiore, effimera, che cambia al variare
della luce e che interagisce con lo spazio architettonico.
“In senso greco lo spazio viene considerato a partire dal corpo, come suo luogo
e come contenitore di luoghi. Ogni corpo ha però il suo – proprio – luogo, ad
esso conforme… Malgrado tutte le differenze nei modi di pensare tra il pensiero
greco e quello moderno, lo spazio viene rappresentato nello stesso modo, cioè a
partire dal corpo. Spazio è l’estensione tridimensionale, extensio. In essa i
corpi e i loro movimenti hanno il loro percorso, il loro tempo, le loro distanze
percorribili e quegli intervalli di tempo, in cui per così dire, vanno a spasso.”
[Martin Heidegger, L’Arte e lo Spazio]
I particolari materiali usati dall’artista, in grado di risplendere e risuonare,
assumono qualità poetiche che l’osservatore è chiamato a scoprire e vivere in
prima persona nel contesto dello spazio architettonico di cui essi stessi
entrano imprescindibilmente a fare parte.
Alessandra Castelbarco
Albani
Marco Di Nallo
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